1976: Lena Corni
Il pittore Ganassi é senz'altro dotato di sensibilitá, di misura cromatica e di un 'ottima capacità inventiva. Egli sa descrivere coi colori gli stati d' animo e le suggestioni estetiche dei soggetti trattati collocandoli in un atmosfera rarefatta che avvince il fruitore e lo induce alla riflessione. Ed è questo il fascino della pittura di Ganassi.
1977: Alfredo Gianolio
...spinto sul piano allucinato del Surrealismo é Enrico Ganassi, di notevole capacitá grafica.
1979: Licinio Boarini
"Elaborata fino al cesello soffuse di tonalitá pastose e calde. cariche di persuadente convinzione nella emblematica presenza che esplode sia pure con una disarmante pacatezza tutta la lacerazione di una denuncia.
Tutte annotazioni che meritano il plauso del raggiungimento completo di un fine, quello che il Ganassi sembra voler sottolineare col suo autoritratto serioso ed accigliato, quasi stia intentando un dialogo son troppi sordi e che ci fa pensare d'acchito "alla mano" dei più grandi maestri del ritratto.
1982: Amedeo Bedini
..alla fine il vivo interesse per le idee bretoniane, per la pittura di Magritte e di Dalí e le nuove ricerche imperniate su contenuti e tecniche ispirate ad una linea neo-surrealista, gli permisero di trovare la giusta dimensione per lanciare un monito, e nel contempo una chiara denuncia, ad un umanitá disacorta, votata all'autodistruzione. Vedere le opere prodotte negli ultimissimi anni diventa rischioso, se ci si ferma alla superficie, se non si toglie la patina della prima impressione e non si va piú sotto, in profonditá, non si possono comprendere i contenuti di questo mirabile discorso. In alcune tele c'é sapore di magia, di alchimia grafica, ma bisogna scavare ed allora tutte le cose, anche le piú complesse, appaiono comprensibilissime, mostrano la loro sicura validitá in quanto mezzi rispondenti alle intenzioni contestatarie dell'autore … Ganassi sa giovarsi della potenza affettiva suscitata dalla prospettiva ipnotizzante, frutto di una meditazione avvertita, solitaria ed originale. Ganassi non si propone un recupero del Surrealismo in termini intellettualistici, ma tiene fede a questi modi di espressione, perché li valuta chiarificatori del suo pensiero.
Il critico dottor Boarini annotó giustamente che il tutto "é espresso con estrema compostezza, in una mirabile linea disegnativa, in un seriarsi di piani che si pretendono, nel baluginare di luci sideree, allucinate e smorte, verso un infinito gravido di amarezza e desolazione, con una gradualitá tragica che non concede spazio a distrazioni".
Intanto si è fatto tardi: il buio regna assoluto all'esterno . É ora del congedo.
1983: Velello Muratori
...Il silenzio predomina nelle tele e contrasta singolarmente e dolorosamente con l'esplosione del colore in tutte le tonalitá. Ed é dal colore che s'intravede a residua speranza di sopravvivenza, di recupero, la voglia quantomeno di resistere e di lottare. Le esprime, in una delle ultime opere, una mano che sorge da un mucchio di detriti e tenta di aggrapparsi ad un immaginario appiglio che ha l'impalpabilitá di un sogno e la solida concretezza della fede.
1991: Aurora Marzi
"la pittura di Enrico Ganassi ha sempre avuto come fonte di ispirazione l'uomo e ambiente, un rapporto tormentato e dialettico, carico di interrogativi sui destini dell'umanitá intera.
La sua arte non si disgiunge dall'impegno sociale, dal vivere in prima persona e registrare sulla scena le inquietudini dell'uomo alle soglie del terzo millennio. Il dipingere non diventa solamente un gesto estetico, un dialetto personale, é testimonianza, impegno morale. Pittore "del baratro" negli anni Settanta, rappresentava sulla tela con colori nitidi e atmosfere iperreali gli oggetti logorati e consumati da una societá onnivora, li spingeva sull'orlo di baratri che si spalancavano all'improvviso, suggerendo l'esistenza di universi sconosciuti. Negli anni Ottanta ha osato valicare il limite di quei misteriosi crepacci e vi ha trovato l'Apocalisse… L'arte di Ganassi si colloca di diritto nel filone della pittura visionaria e surreale, ne riprende la violenza del colore, steso senza risparmio sulla tela, quasi "spremuto" di getto come nella tecnica della pittura informale.
l991: Vittorio Cavicchioni
A volte Reggio Emilia, trascinata da fortuite occasioni culturali, nella completa disattenzione della cultura ufficiale, inciampa in eventi di singolare interesse. É i1 caso dell' Apocalisse , scritta da Giovanni dell'Isola di Patmos e, nei giorni scorsi, illustrata da Enrico Ganassi, un solitario pittore nato sulle rive del Tresinaro in quel di Rondinara, sensibile artista che in un tragico momento della sua vita si accorge che non solo lui sta cambiando, ma la natura stessa, un cambiamento di morte e di distruzione quello di quest'ultima, con scarse speranze di salvezza ... Il termine greco "apocalisse" significa rivelazione divina di quanto accadrá presto e Ganassi per trasmetterci nelle sue ventiquattro opere esposte alla sala comunale dell'Isolato San Rocco, tale terrificante presagio, ha dovuto avventurarsi in un'impresa quanto mai difficile e ardimentosa. Sette anni di studio del Sacro Testo, sette anni di lungo, estenuante e meditato lavoro, sette anni di tacito dialogo con la sua coscienza di artista sull'immaginario della tradizione e sull'immaginario della modernitá per trasmetterci la sua rivelazione pittorica. E col peso di tanta tradizione illustrativa come poteva sfuggire a riferimenti al "demoniaco nell'arte", segnato durante secoli di pittura da artisti famosi come: Jheronimus Bosch, Andrea da Bonaiuto, Francesco Traini, Matthias Grunewald, Albrecht Durer, Taddeo di Bartolo, e tanti altri che Aurora Marzi, nella prefazione al catalogo cita e commenta da esperta e storica dell'arte. Riferimenti che Ganassi stempera con scaltrezze surrealisteggianti... Poi, quasi in ogni tavola, al di lá delle tenebrose vicende che si svolgono sempre in cielo fra nubi antropomorfe alla Dalí, Ganassi pone uno spiraglio che egli chiama "Baratro", dal ciglio del quale si intravede , spesso, un'idilliaco
paesaggio pieno di verzura e di cielo sereno: é la speranza, se abbiamo ben capito, il nuovo mondo che sorge, la "celeste Gerusalemme" alla quale, ci perdoni Ganassi, noi condannabili miscredenti, non diamo troppo peso, ma che in essa vediamo soltanto la buona fede interpretativa dell'artista, il suo grande talento, il suo amore per la pittura, condotta a punta di pennello, con straordinaria e ammirevole maestria.
1999: Licinio Boariui
"le considerazioni velate sovente di trepido pessimismo che da sempre attorniano le figurazioni di Enrico Ganassi nel suo acceso e luminoso surrealismo, hanno condotto il pittore a una rivisitazione di quella drammatica e profetica Cantica, l'Apocalisse che l'Apostolo Giovanni ha stilato, vegliardo, nell'isola di Patmos nella contorta visione del futuro di un' umanità irretita dai suoi stessi mali ed invischiata da un arido tecnicismo ...; orbene le collaudata peculiarità figurative del Ganassi hanno ancora una volta fatto esplodere una meraviglia unica nel suo genere, vissuta e sofferta in un racimolo estetico nell'arco di quasi un lustro, con un anelito perenne e continuo a meditare e ad interpretare gli appassionati e allucinati messaggi dell'Apostolo, cosí perennemente attuali nel rimarco della saga dell'uomo, travolto dall'inarrestabile furia di quegli elementi che nella sua protervia aberrante intende dominare mentre lo stanno travolgendo.
La potenza creativa di Ganassi si esalta con suggestiva espansione e coinvolge la lettura con ammirata stimolazione tanta é la plasticità delle forme, il bagliore delle luci, la nitidezza del cromatismi, la profonditá delle scene, il cesello descrittivo, la consequenzialitá dei contrapposti, la densitá dei significati, la pertinenza del sacro testo, la passionalitá dei comprimari, la perenne tensione del filo conduttore di tutte le venti tele sulle quali si dipana l'inusitata trama del racconto.
Un'opera monumentale con tutti i crismi per inserirsi tra i grandi momenti ciclici che hanno ispirato i piú validi creatori d'immagine.
l999: Beatrice Menozzi
Un intenso e tormentato misticismo alle spalle di un segno figurativo che non banalizza il reale, ma ne restituisce nuove interpretazioni evocando alchimie e richiami simbolici.
Quel che Ganassi vagheggia ed incessantemente nelle sue opere insegue é un paese dell'utopia, dove ogni elemento vive e vibra all'unisono con il creato, in un accordo musicale giocato su mute consonanze e allusive suggestioni, su simbologie arcane ed echi sopramondani …
Il percorso esistenziale di Ganassi é infatti segnato da un intenso e tormentato misticismo, da una ricerca ansiosa di soprasensi e di risposte ai quesiti esistenziali, da un horror vacui che é trasmigrato nelle opere sottoforma di accumulazioni simboliche e cabalistiche, nella vita come anelito al divino, ad un dialogo serrato tra Dio e uomo che ricolmi quest'ultimo del vuoto desolante seminato dalla morte. Non a caso eravamo soliti identificare il sigillo dell'artista nella presenza di un "baratro" che incideva ogni sua passata raffigurazione, un limen invalicabile, al cui limitare l'uomo sostava, in agghiacciante attesa, curvato dalla massa greve della solitudine e dagli appelli senza risposta.
Ora a questa insondabile frontiera si è sostituito il chiarore liberatorio di una nuova certezza che purifica la tela di ogni scoria di angoscioso tormento, di ogni barriera: il dubbio, la paura, si sono stemperati in liquida pace, che s'irradia tutto intorno sottoforma di dolce linearismo e di euritmia tonale.
2011: Gianluca Ferrari
É nella prestigiosa cornice delle "barocche sale piumate" dell' appartamento estense, all'interno della Rocca di Scandiano, che si dispone questa esposizione retrospettiva del pittore Enrico Ganassi. In questi spazi elegantemente stuccati si dipana infatti una teoria di opere disvelanti le origini e gli esiti temporanei del percorso pittorico: ricco, lungo e non lineare dell'artista. Un percorso caratterizzato sempre da una visionarietà di fondo e da una tensione etica costante, che hanno distillato, nel loro reciproco intreccio, una cifra stilistica personale e riconoscibile.
La modalitá con cui si é allestita la mostra é quella di un excursus a ritroso nell' opera di Ganassi.
Dagli ultimi lavori caratterizzati dalle riflessioni morali e dalle ricerche formali ispirate alla Divina Commedia dantesca, fino al rintracciamento delle prime prove di una carriera artistica inauguratasi cinquant'anni fa, ma ancora oggi permanentemente infusa nei cromatici mari psichici di un naturalismo magico, immaginifico, liquoroso, minerale e fluorescente al contempo. Deliberatamente si É selezionato un numero limitato di tele, scelte non solo sulla base dei risultati migliori, bensí bilanciando, nella loro individuazione, qualitá e significativitÁ per una "ricostruzione di percorso" lungo e carsico, fatto di: slanci, ripensamenti, arresti, crisi e rilanci. Tutto ció poiché "l'idea mastro" di questa retrospettiva non É stata tanto quella di disporre una somma di singoli quadri, ma una sorta di antologia selettiva, in grado di configurarsi come opera corale, con le sue luci, i suoi acuti, ma anche le sue fondamentali ombre e mezze luci.
Le cinquanta tele esposte rappresentano infatti simbolicamente un'unica grande tela, un unico corpus vivo e vitale, una grande mappa in cui perdersi, ma anche ritrovarsi, quando meno te lo aspetti, grazie a tracce, rimandi, indizi e soprattutto al filo rosso di una ricerca formale e intellettuale in febbrile ricerca di mutevoli cornici di senso. É cosí possibile, per chi attraversa la mostra, abbracciare dall' interno la traiettoria di un pensiero e di un fare artistico la cui rotta stilistica (sempre alimentata la un 'esperienza biografica intensa e da una ricerca culturale spesso solitaria) continua a cogliere risultati artistici generativi ed originali …
Le prime tele ispirate al viaggio dantesco nell' oltretomba sono il punto di approdo momentaneo di Ganassi.
In esse é dunque possibile cogliere appieno la sintesi etica ed estetica della sua cinquantennale esperienza.
In questi dipinti la pittura non É mai al mero servizio descrittivo del tema illustrato, bensí, alla pari con esso, afferma una sua identitá, un suo autonomo protagonismo espressivo...
Raffinate velature svolte con finissimi pennelli si fondono con altrettante raffinate, segrete manipolazioni su tela, eseguite direttamente da mani intrise di pigmento capaci di "matericitá pellicolari". Il disegno, come fase preparatoria, quasi si dissolve e le figure compongono i loro volumi direttamente nel colore. É linfa nuova quella che fluisce metabolizzata nelle ultime opere di Ganassi.
Linfa nuova, risultato di un affinamento lungo che oggi é in grado di mettere a sinfonico sistema ogni precedente esperienza pittorica, dando vita ad un maturo risultato artistico di sicuro interesse, che sará stimolante continuare a seguire ... Dalla fine all'inizio.
2014: Gianluca Ferrari
Se c'é un elemento stabile, sempre rintracciabile, nel lavoro cinquantennale di Ganassi, questo motivo è la materia colorante.
Infatti in ogni sua fase l'artista ha sempre diversamente espresso un'accesa sensibilità cromatica.
Certo l'innato senso del colore (cosí connaturata alla sensibilitá del pittore) ha svolto talvolta in passato un ruolo comprimario al disegno, per via di una volontá dichiarativa di tipo figurativo che privilegiava, in veste surrealista, il richiamo della visione, l'imperativo dell' idea in forma simbolica, il concetto in forma di figura , anziché il colore, le sue irradiazioni e risonanze emotive , epidermiche ed istintive …
Perció se vogliamo affermare oggi un primo possibile punto di arrivo nell'opera di risignificazione del lavoro artistico di Ganassi (compiuto definitivamente grazie a questo ciclo pittorica del "Divino inferno") questo punto fermo lo possiamo vedere proprio nel suo essere riuscito a liberare il proprio colore interiore, vivicandolo nel dialogo con ombre, luci , tela, matericitá e spiritualitá...
La tensione figurativa é ampiamente superata da una finalmente trovata lirica e personale tensione figurale (non piú solo figurativa) in forma di colore; figuralitá intesa come figurativitá potenziata, cioé non ristretta in un 'immediata e permanente riconoscibilitá, bensí riverberante molteplici possibili parvenze.
É il colore che si fa disegno , é il colore che si fa sintesi, alveo , sistema estetico ed etico strutturante l'intera poetica di Ganassi, un colore le cui radici affondano in quell' "imbratto" del 2006...
Una magia colorista che nel modo di dipingere dell'artista si avvale di una gestualitá manuale, fatta di veri e propri "sfregazzi" di dita, che fan tornare alla mente quanto Palma il Giovane soleva dire di Tiziano: "nei finimenti dipingeva piú con le dita che con pennelli. E veramente (chi ben ci pensa) egli con ragione cosí operó."
Ed é proprio con tale rinnovata sintesi di: senso, natura, sentimento del colore e della pittura che riceviamo , in chiusura, la chiave che apre (con questa mostra il cui arco temporale coincide all'incirca col tempo equinoziale in cui cominció a prender forma, sette secoli addietro, la Commedia dantesca) il reinventato universo: figurale, concettuale e stilistico di Enrico Ganassi; la sua "nuova" visione del mondo e dell' arte, generata nel segno sempiterno del Divino Inferno.
2016: Philippe Daverio
L'illustrazione è un tema pittorico che le arti d'oggi sembrano avere dimenticato. Sarà forse che attualmente in pochi leggono, forse che in pochi guardano, forse addirittura che oggi sono in pochi ad avere la capacità di trasformare il segno e il disegno in una illustrazione.
Per un lungo periodo invece la mutazione dell'immaginario letterario in immagini vere e proprie fu esercizio fondativo delle arti. Ed è assai comprensibile che il libro forse più noto d'Italia, la Divina Commedia dell'Alighieri, abbia nei secoli costantemente suscitato la creatività visiva, o almeno così fu nei sui momenti di auge che vissero un assoluto successo immediato, poi un lungo oblio e una forte riscoperta internazionale a partire dal XVIII secolo. La biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli conserva infatti uno deei primi esemplari miniati realizzata probabilmente negli anni stessi della scomparsa del poeta nel 1321. Alfonso d'Aragona, re di Napoli, fece illustrare una Divina Commedia per la sua biblioteca a metà Quattrocento, elegantissima nei capolettera. Dante continuava a colpire la fantasia degli artisti figurativi e anche Sandro Botticelli tracciò una intera collezione di disegni ispirati alla sua fantasmagoria. Poi più nulla per secoli.
E' solo quando lo spirito preromantico pervade l'Europa sul finire dell'illuminismo che le ombre infernali tornano ad ossessionare le visioni artistiche e William Blake, l'artista inglese che sosteneva che "L'immaginazione non è uno stato mentale: è l'esistenza umana stessa", all'inizio del XIX secolo dedicò gran parte della sua energia ad un infinito commento visivo dell'opera trecentesca, il quale si articolò in decine e decine di fogli che non trovarono editore ma si sparsero nelle collezioni contemporanee rigenerandone il mito.
Da quel momento in poi divenne impossibile essere artisti di sentimento senza sentire l'afflato enorme della visione d'un Inferno o d'un Paradiso secondo paradigmi che mutavano regolarmente da un paese all'altro, da una traduzione a quella successiva, da una edizione di lusso ad un'altra popolare.
Da allora il tema tornò, quanto la fortuna internazionale di Dante, ad essere quasi d'obbligo per ogni artista suscettibile di sognare, d'immaginare, di trascrivere.
Le arti Tipografiche di Bergamo, luogo di assoluta eccellenza estetica, ne stamparono prima della Seconda Guerra Mondiale una sequenza variata e riassuntivamentre poco dopo Salvador Dalì ne pubblicò una splendida edizione nel 1950 voluta dal Governo Italiano nella preparazione dei festeggiamenti per il settecentesimo anniversario della nascita di Dante.
La stagione della pittura concreta e di quella astratta tornò a discostarsi dall'argomento, ma oggigiorno, nelle incertezze complessive d'un cosmo contemporaneo che sembra talvolta perso nelle sue peregrinazioni e nelle sue ricerche, la riscoperta della tematica dantesca sembra addirittura diventare uno stimolo provocatorio. E' questa pulsione, al contempo nostalgica e stimolante, che ha spinto Enrico Ganassi a tentare l'avventura. Si è egli lanciato a mente e corpo libero nella scommessa, ha tentato di ripercorrere con l'occhio d'oggi la formidabile avventura mentale che il testo offre. E così facendo non ha esitato a guardare i secoli d'immagini che lo precedono come fonte d'ispirazione e come monumento umanistico al quale riferirsi.
Il risultato è fortemente coinvolgente: è come se tutta la sua prassi pittorica precedente, la sua passione per il disegno e la sua libera fantasia avessero trovato un mare infinito nel quale navigare. Il percorso gli ha consentito di riscattare i cromatismi inattesi che l'illustrazione da sempre ha declinato con gioia, negli equilibri perfetti che gli inchiostri quanto gli acquarelli offrono in alternativa all'apparente crudezza della pittura ad olio.
Il disegno si è sentito libero di correre lungo i sentieri dell'horror vacui riempendo le pagine di corpi e di tensioni, il volo dell'immaginazione è spiccato verso gli orizzonti infiniti degli inferi e dei corpi celesti. E forse il primo a sentirne gli effetti esaltanti e liberatori è stato proprio lui, l'artista Enrico Ganassi redento dal gioco stesso della sua pittura.